giovedì 13 agosto 2015

Gli antichi mestieri di Cappadocia

Domenica 9 agosto 2015 si è svolta la manifestazione intitolata "Per le vie del borgo", organizzata dalla Pro Loco. Lungo i vicoli del paese sono stati rappresentati gli antichi mestieri di Cappadocia, svolti per secoli dai suoi abitanti. 

A seguire le foto della manifestazione, scattate da Alessandro Fiorillo, con le didascalie di Gerardo Rosci.


Questa foto è stata scattata da Lorenzo Fiorillo.














Quest'operazione si effettuava prevalentemente per i legumi, che venivano battuti con jo mazzafrusto, costituito da due bastoni legati insieme alle estremità, usati come una frusta. Quindi si toglieva via il grosso e si "ventilava" il resto, cioè, lo si faceva cadere più volte da una certa altezza, per far si che il vento separasse i semi dai vari residui. Poi, con jo pelliccio si completava il procedimento.


Usando jo mazzafrusto si battono e si sgusciano i legumi.


Ogni tanto il falciatore doveva piantare nel terreno la sua tipica incudine per ricreare, col martello, il filo della falce. Poi ogni tanto, quando era necessario, dava una passata con la "cota" (pietra coti).












Mulo e mulattiere prestati all'agricoltura; il mulo è equipaggiato per trainare una pertecara.






ARROTINOOOOO! Indovinello malizioso: "Arrotino de Campobasso piglia la moglie e la porta a spasso, po’ l'appoggia a ‘no cantone e ci metto jo bastone". Non è quello che maliziosamente avete pensato…ma è la scopa, portata in giro per la casa e poi riposta in un angolo.


I "sarturi"


Si lavorava e si chiacchierava; tanto. Si parlava dei fatti della gente; si tagliava...e si cuciva…






Gira la forgia Lore', sinno' l'acqua rammore jo foco!


Il fabbro.






Quando la ciociara se marita, a chi tira lo spago e a chi la ciocia...e quando la ciociara s'è maritata..., lo spago è rotto e la ciocia è sfasciata...


Pastori, casceri e casciaregli.




Qui, tolta la cagliata, resta un siero da riscaldare e farci la ricotta. Aggiungendovi un po’ di latte intero, si riporta a un bollore che non sbotta. E a questo punto, con la schiumarola, si tira su quella gustosa panna, che stimola il tuo naso e la tua gola, come la si faceva alla capanna. E qui, torna la voglia d’impanata, la zuppa calda di ricotta e pane; saziava dopo qualche cucchiaiata, mentre che il siero lo si dava al cane. La ricotta va dentro le fiscelle, che un tempo erano in fibra vegetale, e nei ricordi sembrano più belle, di queste fatte in plastica industriale.




Le pecore venivano carosate dal carosino.






Nel periodo pasquale veniva lucidata, con cenere ed aceto, tutta l'utensileria di rame, e la casa risplendeva.


Le "lavandare".






E se il sapone cadeva in fondo alla vasca? Lo si ripescava con uno spiedo.




La vecchia osteria.

 








Lei che lavoro fa? Sono un artista, faccio opere di misericordia corporali. ? Vesto gli ignudi. Sarto? No, impaglio i fiaschi.


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